Si perché nella casa paterna, il parentado effettuava costantemente una lotta alla povera cipolla la quale era letteralmente bandita. E puzza di qua…e puzza di là….e via dicendo.
Insomma, quando una cipolla entrava in casa scattavano gli allarmi , le sirene di tutto in circondario e scendevano dal soffitto le maschere antigas.
E la tortura proseguiva per i giorni successivi dove l’odore di cipolla pare fosse entrato nel DNA del divano, delle tende e delle mura domestiche, forse anche degli alberi a cinque metri di distanza dal balcone della cucina.
Mi chiedo….ma sarò una delle poche persone a cui l’odore della cipolla non disturba affatto? Mah… Comunque per anni ho mendicato la Genovese ovunque e generalmente ero fortunata e trovavo ospitalità dalla mia amica, gran cuoca Rosaria, la quale mi avvisava ogni volta che la preparava e io, con gioia immensa, andavo a casa sua a mangiarla. Ora la preparo da me, in barba al condominio e alle sorelle delicate di naso, però se Rosaria mi chiama io corro ugualmente a mangiarla anche da lei…..
Questa deliziosa salsa partenopea è nota e amata quasi quanto il ragù.
La ricetta è probabilmente una variante “povera ” della ricetta francese “boeuf a la mode” (bue alla moda) dove un gran pezzo di primo taglio di bue, dopo una prima cottura con con vino bianco e brodo, veniva completato di con cipolle, carote e piedino di vitello disossato. Un piatto che veniva preparato sulle navi della marina borbonica fra il diciassattesimo e diciottesimo secolo da chef di origini genovesi e di scuola culinaria francese. Nel corso del diciassettesimo secolo alcune navi furono messe in disarmo e gli chef che vi lavoravano, ormai residenti a Napoli con le loro famiglie, finirono col restare senza lavoro. Alcuni di loro si arrangiarono aprendo trattorie alla Loggia di Genova, luogo a ridosso del porto di Napoli dove si erano insediati i genovesi a Napoli. Ovviamente non potevano usare tagli di carne pregiati quindi venivano impiegati i residui dei banconi delle macellerie, i tagli meno pregiati e più economici quindi ricchi di nervi e tessuti connettivi. Applicarono quindi, per la loro preparazione, un tipo di cottura molto lunga, al fine di rendere tenera la carne e abbondando enormemente con la aggiunta di cipolle per aumentare il quantitativo di sugo a parità di carne.
Da questo episodio deriva il suo nome e di queste nozioni ringrazio gpmari e il forum Coquinaria.
A differenza però del re delle salse, il ragù, che si presta a svariati impieghi, da solo, nella lasagna, nella parmigiana di melanzane, la Genovese è una salsa che esige ed ha un solo impiego, condire i maccheroni, maltagliati, penne o ziti spezzati.
Ingredienti
La Genovese
- 1 kg di carne adatta a lunghe
cotture, meglio il quarto anteriore di manzo, o comunque tagli ricchi di
tessuto connettivo che si scioglie nella lunga cottura regalando corposità
alla salsa
- 1,5/2 kg di cipolla, meglio se ramata
di Montoro
- 100/150
gr di olio extravergine di oliva
- 50
gr di sugna, si può omettere, aumentate di un pochino l'olio
- 300
gr di carote
- 1
costa di sedano
- q.b.
di vino bianco secco
- q.b.
di sale e pepe nero
Preparazione
La Genovese
- Tritare finemente le cipolle, il sedano e le carote. In un capiente tegame, meglio se di coccio, rosolare la carne con l’olio, il sedano e la carota. A rosolatura avvenuta sfumare con il vino, salare e pepare e coprire il tutto con le cipolle e un bicchiere di acqua. Coprire e far cuocere per circa tre ore a fuoco molto dolce, mescolando ogni tanto e sorvegliando la salsa soprattutto in ultima fase in modo tale che non si attacchi.
Cuocere la pasta al dente e trasferire parte del sugo in una larga padella senza
la carne che verrà servita successivamente come secondo piatto. Far saltare la
pasta qualche minuto e servite subito, ben calda con una spolverata di
parmigiano grattugiato o provolone del Monaco (che preferisco di gran lunga).